UN ESPRESSO

…  DI STUPIDAGGINI

Nell’ultimo numero de l’Espresso è comparso un’articolo dal titolo “We speak Furlân“, dove ancora una volta si attacca il friulano. In particolare si cerca di far credere che i soldi spesi per sostenere la LINGUA FRIULANA siano soldi buttati alla bora.
Si racconta dell’Arlef e della rivista scientifica che l’Arlef pubblica come di qualcosa che serve solo ad aggiornare i termini scientifici. La rivista scientifica si chiama “gjornâl furlan des siencis” e gli articoli sono scritti in friulano e in inglese. La rivista è divisa in tre sezioni ricercjis (articui cun contignûts origjinâi par furlan e inglês ), rassegnis ( articui di alte divulgazion sientifiche ) e recensions ed ha un alto valore scientifico intervenendo con articoli che aggiornano sullo stato della ricerca scientifica.
Si racconta anche del GRANT DIZIONARI BILENGÂL TALIAN-FURLAN come di un opera costosa, non ancora finita e di cui non esiste una versione cartacea. In un nostro post abbiamo già spiegato che il lavoro per la realizzazione del dizionario è durato 10 anni e che ora il dizionario è consultabile online oppure scaricabile sul proprio PC. Il motivo per cui non è stata fatta una copia cartacea è per evitare un costo inutile visto che il dizionario è in continuo aggiornamento. Se da Stoccolma sono venuti in Friuli per chiederci come è stato fatto allora capite che senz’altro qualcosa di buono è stato fatto.
Se poi si vuole ad ogni costo sostenere che il friulano è un business bipartisan allora noi crediamo che gli sprechi si trovino un po’ ovunque ma non va mai fatta di un erba un fascio.

la patrie dal friul

Furlans in uaite !

😉


Commenti

5 risposte a “UN ESPRESSO”

  1. …sul sito del Comitato 482 potete leggere la risposta all’articolo e la lettera che potete spedire al settimanale per esprimere il vostro disappunto

    Mandi !

  2. mala tempora currunt !
    Che cosa non si fa per riuscire a vendere qualche copia in + !
    Sono proprio alla frutta, nonostante i cospicui contributi pubblici!
    E questi sì, che sono uno spreco! 😉
    C’è tanto bisogno di braccia nell’agricoltura… 🙂

    Fuarce Friul !

  3. Si disarès che si son ducj mitûts a fâ campagne cuintri il furlan, come s’al dàs fastidi. Ancje “Io Donna” e à fat un articul cuintri il furlan.

  4. cheste no la savevi, po’ ! 😉
    par me al’è dome un mût par vendi di plui !
    no san nancje di ce ch’a stan fevelant !

    Mandi!

  5. In friulano si chiama “falope”, in italiano “cantonata”. E’ quella che hanno preso i due giornalisti autori dell’inchiesta sul settimanale Io Donna intitolata «Parlare furlan è un fiume di sprechi». Sono tanti gli errori, le inesattezze e le insinuazioni fatte dagli autori dell’articolo, ma vi basti un solo esempio: nell’articolo in questione si nominano, in particolare, i libri «Spietand Godò» di Samuel Beckett e «Mari Courage e i siei fîs» di Bertolt Brecht, al punto che la traduzione di questi due autori è stata ripresa da altri giornali come simbolo degli sprechi per la lingua friulana.
    Peccato che le due traduzioni siano state pubblicate dalla “Clape Culturâl Acuilee” di Gianni Nazzi che non ha ricevuto sovvenzioni per editarli e continua ancor oggi a editare la collana delle traduzioni (giunta al 39° titolo) senza chiedere soldi pubblici.
    Cosa ancor più clamorosa, i due libri sono usciti nel 1977 e nel 1978! Più di vent’anni prima della legge 482 e dei suoi contribuiti (che, per altro, non possono andare a soggetti privati). Allora come adesso, infatti, i friulani continuano a produrre materiali in marilenghe comunque.
    Io Donna e i giornali che stanno riprendendo quanto pubblicato, insomma, hanno trasformato la Clape Culturâl Acuilee, che ha sempre rivendicato con orgoglio di non aver mai ricevuto soldi pubblici, in un simbolo degli sprechi.
    Gli autori dell’inchiesta, che per svolgerla sono venuti in Friuli, avrebbero almeno potuto guardare la data di edizione scritta sui due libri. Dobbiamo forse desumere che non abbiamo mai avuto in mano quello che hanno addirittura additato a simbolo dello spreco e del ridicolo?
    O forse era tanto difficile trovare degli sprechi che hanno dovuto inventarseli…

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