Orcolat: distruzione, rinascita e la nascita dell’Università di Udine
Il 6 maggio 1976, alle 21:00, una scossa di terremoto di magnitudo 6.5 sconvolse il Friuli Venezia Giulia, cambiando per sempre il volto della regione. Il terremoto, l’orcolat, colpì con particolare violenza la zona della Carnia e della pedemontana friulana, radendo al suolo interi paesi e seminando panico, distruzione e morte. Fu uno degli eventi sismici più devastanti della storia repubblicana italiana.
I numeri parlano da soli: 989 morti, più di 3.000 feriti, oltre 100.000 sfollati e circa 45.000 abitazioni distrutte o gravemente danneggiate. Paesi come Gemona, Venzone, Buja, Osoppo e molti altri subirono danni incalcolabili. Anche il patrimonio storico e culturale subì gravi perdite: basti pensare al duomo di Venzone, ridotto in macerie.
Furono coinvolti 137 comuni. Di questi, 45 furono considerati “rasi al suolo” (come Gemona, Venzone, Forgaria nel Friuli, Buia, Pinzano al Tagliamento, Monteaperta, Osoppo), 40 “gravemente danneggiati” e 52 “danneggiati“. I comuni maggiormente colpiti dalle scosse di settembre includono Trasaghis, Bordano, Osoppo, Montenars, Gemona del Friuli, Buja, Venzone e la frazione di Monteaperta.
Il patrimonio edilizio subì danni gravissimi: 18.000 case furono distrutte e 75.000 danneggiate. Nell’area colpita in Jugoslavia ( ora Slovenia), furono danneggiati 12.000 edifici, di cui circa 4.000 distrutti, senza però causare vittime.
Il patrimonio architettonico e artistico fu gravemente compromesso. A Venzone, il centro storico medievale subì danni enormi, con molti edifici che crollarono completamente dopo le scosse di settembre, anche se alcuni, come il Duomo di S. Andrea e il Palazzo Comunale, avevano resistito alla prima scossa di maggio.
Il Duomo di S. Andrea Apostolo perse la torre meridionale, la facciata contigua del transetto, il timpano della facciata principale e la Cappella di San Michele nella scossa di maggio, e solo alcuni tratti di muratura rimasero in piedi dopo le scosse di settembre.
A San Daniele del Friuli, benché la struttura urbana fosse stata parzialmente ricostruita con criteri moderni dopo la Seconda Guerra Mondiale, si ebbero gravi danni al patrimonio artistico con la devastazione delle chiese e degli antichi palazzi.
I danni economici ammontarono a 4.500 miliardi di lire, equivalenti a oltre 18,5 miliardi di euro nel 2010.
L’evento è ricordato come il quinto peggior sisma che abbia colpito l’Italia nel ‘900 e cambiò per sempre la storia della regione. Nonostante le continue scosse di assestamento, la ricostruzione fu rapida e completa. Il Friuli ringraziò e non dimenticò l’aiuto ricevuto da diverse nazioni come Italia, Austria, Germania e America, e da volontari come gli Alpini.
Ma a colpire più di tutto fu la risposta dei friulani. Invece di cedere alla disperazione, la popolazione si rimboccò le maniche, dando vita a una ricostruzione che sarebbe diventata un modello di efficienza e di autonomia amministrativa. A distanza di pochi mesi, le tende vennero sostituite da prefabbricati, e già nel 1977 molte attività produttive ricominciavano a funzionare. La ricostruzione fu capillare, rispettosa dell’identità storica dei luoghi, ma proiettata verso il futuro.
Fu in questo clima di rinascita che maturò anche un desiderio profondo: quello di dotare il Friuli di un’università propria. L’idea prese forma in un contesto in cui la ricostruzione non era solo fisica, ma anche culturale e istituzionale. Nel 1977, attraverso un referendum popolare, i friulani si espressero con forza a favore della creazione di un ateneo che potesse rappresentare un motore di sviluppo e di valorizzazione del territorio. Il messaggio era chiaro: la cultura doveva essere parte integrante del futuro del Friuli.

Il risultato fu la nascita dell’Università degli Studi di Udine, istituita ufficialmente nel 1978. Nata dal dolore e dalla voglia di rinascere anche culturalmente, l’Università è diventata in breve tempo un centro di eccellenza accademica e scientifica, profondamente radicato nel territorio e al servizio delle comunità locali.
Oggi, a quasi cinquant’anni da quella notte tragica, il terremoto del 1976 rimane una ferita indelebile nella memoria collettiva friulana. Ma è anche il simbolo di una straordinaria capacità di reagire, di ricostruire, di scommettere sul futuro. E la storia dell’Università di Udine ne è uno degli esempi più luminosi.

Il video racconta la storia di quei giorni in Friuli dopo il terremoto del 6 maggio 1976 e anticipa le novità per la ricorrenza dei 50 anni del terremoto nel 2026 . . .
#fuarceFriûl , simpri !!!
#peaceandlove
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